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L’Istoria del concilio di Trento e Paolo Sarpi (Sara Meldolesi)

CONTESTO STORICO POLITICO: La Chiesa già da molto tempo stava vivendo momenti di riflessione e istanze di rinnovamento, poiché ormai il papato si era allontanato dalla sua funzione spirituale per la quale era nato, era infatti diventato una potenza politica europea. Tra i secoli XVI e XVII si affermarono in Europa gli Stati Nazionali così come oggi li conosciamo: ad eccezione di Germania e Italia, il resto d'Europa aveva già conosciuto un processo di unificazione e accentramento politico e amministrativo che progressivamente modificava l’organizzazione del vecchio continente. Tra ‘500 e ‘600 l'idea tradizionale dei poteri universali (Impero e Papato) scomparve definitivamente e si affermò quella che ogni singolo Stato godesse di una giurisdizione autonoma pienamente legittima. Le potenze sullo scacchiere italiano e europeo furono in questo periodo Francia e Spagna, quest’ultima sul piano culturale, religioso e politico si presentava come un baluardo del cattolicesimo, impegnato a contrastare l’avanzata della riforma protestante nel continente e ad imporre una rigida ortodossia cattolica.



LA RIFORMA PROTESTANTE: Lutero pensò di riformare la Chiesa attraverso anche:

• Abbattendo il potere ecclesiastico (attraverso il sacerdozio universale).

• Togliere al papa l’esclusività della esegesi biblica partendo dal concetto che ognuno di noi può raggiungere la verità solo se illuminato dallo spirito.

• Togliere alla Chiesa la facoltà di convocare i concili per darla in esclusiva all’autorità civile.

• Negazione dell'infallibilità papale;



IL CONCILIO DI TRENTO E LA CONTRORIFORMA

Nel 1545 papa Paolo III convocò a Trento un concilio, che si proponeva di:

• riunificare cattolici e protestanti;

• affermare la validità della dottrina cattolica contro le tesi protestanti.

I protestanti però non vollero partecipare al Concilio: riprese allora il conflitto fra i principi tedeschi. La guerra terminò nel 1555 con la pace di Augusta: Carlo V stabilì che i principi erano liberi di scegliere fra la religione cattolica o quella protestante e i loro sudditi avrebbero dovuto adattarsi alla scelta del proprio principe Durante il concilio di Trento, che durò fino al 1563, venne riconfermata la validità della dottrina cattolica e il primato del papa sui vescovi. Inoltre fu reso più forte il tribunale dell’Inquisizione, creato nel Medioevo. Venne poi istituito l’Indice dei libri proibiti, per individuare e distruggere le opere di stampa contrarie alla dottrina cattolica.
In questo contesto maturò la vita e l‘opera di Paolo Sarpi



BIOGRAFIA: teologo, scienziato e storico veneziano (1552-1623). Sarpi, utilizzando gli archivi veneziani e documenti privati, ricostruisce le cause e le vicende del concilio nel periodo tra il 1523 e il 1563 e ne descrive l’esito. Nella sua opera Sarpi denuncia la natura politica dell’istituzione ecclesiastica e racconta la storia del suo consolidarsi come apparato di potere.

Paolo Sarpi, rimasto orfano di padre da piccolo, fu cresciuto dalla madre e dallo zio materno. All’età di quattordici anni entrò nell’ordine dei serviti e a venti divenne il teologo di corte del duca di Mantova.

A Mantova ebbe modo di studiare il greco, l’ebraico, la matematica, l’anatomia e la biologia.

Nel 1585 venne eletto procuratore generale dell’ordine, carica che gli permise di entrare in contatto con importanti ecclesiastici tra i quali il cardinale Roberto Bellarmino.

Nel 1589, scaduto il mandato di procuratore dell’ordine, fece ritorno a Venezia, dove conobbe Giordano Bruno, mentre a Padova entrò in contatto con Galileo, che lo stimava molto come matematico.

Fu denunciato due volte all’Inquisizione e scomunicato nel 1607. Subì due attentati, in entrambi venne provata la partecipazione di ecclesiastici.

Negli anni successivi Sarpi fu in contatto epistolare con religiosi e intellettuali francesi, inglesi e tedeschi. Il suo intento era di creare un’alleanza tra Venezia, Francia, Inghilterra, Olanda, principi protestanti e cantoni calvinisti svizzeri, che si opponesse al papa e all’imperatore.

Tra il 1610 e il 1618 scrisse la «Storia del Concilio di Trento», pubblicata a Londra nel 1619 con lo pseudonimo di Pietro Soave Polano. Il libro, subito inserito nell’Indice dei libri proibiti, ebbe immediatamente numerose ristampe e fu tradotto in cinque lingue.

La vicenda dell’interdetto del papa contro Venezia.

Sarpi sostenne la Repubblica di Venezia nella controversia giurisdizionale che oppose Venezia alla curia romana nel 1604-1607.

Venezia con la sua popolazione cosmopolita aveva per lungo tempo seguito una politica religiosa liberale, resistendo a qualsiasi intrusione della curia romana nei suoi affari interni.

Nel 1606 Paolo V ordinò a Venezia di abrogare una legge che stabiliva restrizioni all’edificazione di edifici ecclesiastici e di affidare alla curia due preti, uno dei quali accusato di stupri e omicidio, che il governo veneziano intendeva processare davanti a una corte civile. Quando Venezia non obbedì, il papa scomunicò il senato e il doge e pose la repubblica sotto un interdetto, il quale proibiva di officiare i sacramenti a tutti gli ecclesiastici della città.

Sarpi, nominato consigliere del governo dal doge, insieme ad altri teologi e giuristi, scrisse numerosi testi in difesa di Venezia. In questi scritti egli dichiarava che il papa era infallibile solo in materia di fede, ricordava che «i principi ricevono la loro autorità da Dio e sono responsabili solamente di fronte a lui per il governo del loro popolo», faceva presente che era interesse della città che si ponesse un limite alla costruzione di chiese in una città piccola come Venezia, anche perché le proprietà della Chiesa, già estese, non pagavano tasse allo stato, e, a proposito dei processi ai due ecclesiastici, sosteneva che, se la Chiesa aveva diritto di processare i preti per delitti commessi come preti, per delitti come l’omicidio e l’adulterio dovevano essere responsabili i tribunali dello stato. Sarpi concludeva che i veneziani non erano obbligati a rispettare l’interdetto, «che – disse – era finito in fumo», e il suo consiglio fu seguito. Il conflitto si risolse con un compromesso per l’intervento di un cardinale francese.

I testi scritti da Sarpi furono poi raccolti nell’Istoria dell’Interdetto, che ricostruiva le vicende del conflitto e fu pubblicata postuma nel 1624.

 

L’Istoria del concilio di Trento Sarpi, utilizzando gli archivi veneziani e documenti privati, ricostruisce le cause e le vicende del concilio nel periodo tra il 1523 e il 1563 e ne descrive l’esito. Nel breve proemio Sarpi, dopo aver esposto l’argomento dell’opera e le fonti alle quali ha attinto per scriverla, afferma che il Concilio è giunto a conclusioni opposte a quelle per le quali era stato convocato. Sarpi critica aspramente i risultati del Concilio che ha reso definitivo lo scisma tra cattolici e protestanti e ha rafforzato l’assolutismo della curia di Roma.

L’Istoria del Concilio è un’opera di parte in cui Sarpi denuncia la natura politica dell’istituzione ecclesiastica e racconta la storia del suo consolidarsi come apparato di potere.

In realtà, l’Istoria – pur con la sua netta e radicale prospettiva interpretativa antiromana degli eventi ecclesiali (l’unico prelato “riformista” a lui caro, il cardinale Giambattista Castagna divenne papa Urbano VII per soli 12 giorni dal 15 al 27 settembre 1590) – risulta preziosa per le fonti a cui lo storico attinse: le testimonianze dirette e documentarie dei Padri conciliari, gli archivi di famiglie patrizie e della cancelleria della Serenissima, le attestazioni di amici francesi e inglesi, la bibliografia già prodotta. Il suo angolo di visuale è, comunque, chiaro: il Concilio doveva essere uno strumento politico col quale il papato riprendeva in mano, dopo la bufera della Riforma protestante, le redini del potere ecclesiale e si collocava con un nuovo profilo sullo scacchiere dei vari governi europei. Proprio per questo le discussioni teologiche di grande impatto per la vita pastorale successiva della Chiesa non vengono da Sarpi approfondite ma filtrate attraverso la lente di un’analisi costantemente destinata a inseguire e a colpire le velleità assolutistiche dei papi.

È scontato, allora, che l’opera dovette essere pubblicata nel maggio 1619 a Londra con lo pseudonimo “Pietro Soave Polano”, anagramma di “Paolo Sarpi Veneto” e che il successivo novembre dello stesso anno essa cadde subito sotto la mannaia dell’Indice. Ma ormai l’Istoria, con la seconda edizione a Ginevra del 1629, aveva iniziato il suo itinerario di diffusione attraverso le versioni in latino, in francese, in tedesco e in inglese. L’impostazione a tesi rende certamente lo scritto unilaterale, così come non mancano le inesattezze e le parzialità. Tuttavia, oltre al rilievo della documentazione, è significativo l’approccio contestuale e la narrazione parte nientemeno che dal 1500, con l’avvio del secolo, senza ignorare il rimando ai concili del passato di cui il Tridentino è il XIX, e approda al marzo 1565. Importante è anche l’approccio internazionale così che assistiamo alla sfilata non solo dei papi e dei vari cardinali, legati papali e vescovi ma anche a quella dei sovrani (c’è persino Enrico VIII col suo divorzio da Caterina d’Aragona), dei grandi riformatori come Lutero e Zwingli, delle diete assembleari decisive come quella di Norimberga, Augusta e Smalcalda e la registrazione di molteplici intrecci politico-religiosi.

 

 

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