Breviarium Ecclesiae Ravennatis (Codice Bavaro), secoli VII-X
Il cosiddetto Codice Bavaro, ravennate ma conservato presso la Bayerische Staatesbibliothek di Monaco di Baviera, raccoglie, sotto forma di regesto di documenti databili all’incirca al periodo 610-978, i titoli di proprietà della Chiesa ravennate nei territori pentapolitani di Rimini, Senigallia, Osimo, Jesi, Gubbio, Perugia, Fossombrone, Urbino e Montefeltro
È l’Enfiteusi una forma di contratto in base alla quale il proprietario concede un proprio fondo a un altro soggetto che si impegna a pagare un canone fisso (pensio), a coltivare la terra e ad apportare migliorie (enfiteusi di bonifica o di miglioria). Il concessionario godeva di un diritto di godimento a lungo termine, di solito novantanove anni o tre generazioni. Dalle nostre parti, nell’ AME, la chiesa di Ravenna se ne servì abbondantemente, ma più che per motivi economici e per intessere legami politici (si parla, in questi casi, di enfiteusi graziosa): spesso i fundi erano affittati per cifre simboliche a gruppi parentali di origine germanica sottraendoli ai più antichi concessionari di origine longobardo-bulgara. Sul finire del millennio, quando il pericolo maggiore per la Chiesa Ravennate era rappresentato dall’invadenza delle signorie feudali di matrice franca e ottoniana, i beneficiari tornarono ad essere Goti, Bulgari e Longobardi. (cfr.120-163)
Da notare come nel X secolo le etnie, che prima vivevano ben distinte inizino fondersi, la rubrica 112 parla già di un società tra Stephanus (nome bizantinissimo) e Radulfus (dal ger. Hrot “gloria” + wulfa “lupo” un teutonico “lupo glorioso”), la 125 di Iohannis et Inga iugalis, la 155 di Stephanus filius Bulgari e di un Ildebertus fratello di Costantinus.
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