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Dalla Tarda Antichità all'Alto Medioevo - Lezioni di Storia Medievale - 001

Crisi delle grandi aziende agricole


Quando percorriamo la strada di cresta che dall'autostrada ci solleva verso la collina di Offagna, ci capita di guardare verso sinistra la profonda valle, punteggiata di case coloniche e ordinata in piccoli riquadri come una coperta pacthwork. Questa valle è attraversata da un'unica scomoda strada di campagna, che già nel nome dà conto dell'antica presenza dell'uomo. La strada si chiama via Traversa Massa, perché taglia trasversalmente un'antica proprietà fondiaria che in epoca romana apparteneva alla famiglia degli Afrani: la Massa Afraniana.
Mi capita ogni volta che guardo questa valle di pensare a cosa sia successo negli anni, per me oscuri , della Tarda antichità e del Medioevo più remoto, prima che con la mezzadria prendesse l'aspetto attuale. c'erano più boschi? l'acqua scorreva più o meno abbondante? Le geometrie disegnate dagli aratri erano così diverse?
A dire la verità, nello specifico caso della Massa Afraniana, gli anni dell'Alto Medioevo non sono poi così oscuri, perché tutti i passaggi di proprietà le divisioni in fondi, i contratti d'affitto o di enfiteusi sono scrupolosamente registrati nel Codice Bavaro (vedi post apposito), ma è la situazione in generale dell'Italia di quegli anni che ci interessa. Quando le grandi e ricche aziende agricole hanno smesso di funzionare e come ci si è trovati nelle condizioni descritte dal manuale di storia? Per chiarire subito la cosa perdonate l'ultima digressione: la risposta è mai, in nessun modo. Se nel mondo dei nostri manuali per passare dalla crisi del Terzo secolo al Feudalisimo, basta saltare due capitoli, nella realtà dell'Italia tale passaggio non è mai avvenuto.
Era dai tempi di Plinio che andava avanti la crisi delle grandi proprietà. Il principale problema era la scarsità e, di conseguenza, il costo eccessivo della manodopera servile. Le grandi proprietà tendono a smembrarsi in una parte "dominica" spesso a pascolo e bosco, gestita direttamente dal proprietario e da una sempre più esigua familia, e una parte "massaricia" divisa in fondi e coltivata direttamente dai fittavoli. Già ai tempi di Plinio si parla di fittavoli che non pagano le pigioni in denaro, ma con prodotti e giornate di lavoro.

Troppe tasse per tutti



Fig. 1: Sopravvivenza della centuriazione romana in Italia.
Divisione a scacchiera dei campi presso Padova
da R.S. Lopez La rivoluzione commerciale del Medioevo,
Torino , Einaudi 1970
La crisi economica del Terzo Secolo incide sulle necessità di un apparato statale che necessita di una burocrazia e di un esercito permanente. Le soluzioni trovate, l'hospitalitas e l'aumento delle tasse furono forse peggiori del male a cui cercavano di porre rimedio. Soprattutto la seconda fu grave.
"Gli amministratori dei municipi, i Curiales, erano chiamati a rispondere con le proprie sostanze dell'intero tributo imposto alle città", scriveva Gino Luzzato, è una cosa simile avveniva peri i collegai che dovevano rispondere delle tasse sui mestieri e sulla produzione industriale non evase. Grottesca nelle campagne la situazione secondo cui un proprietario doveva corrispondere le tasse delle terre incolte a lui confinanti, che era un invito alle persone laboriose a seguire l'esempio dei confinante e ad abbandonare le colture.
All'inizio del V secolo Onorio si vide costretto a ridurre drasticamente le richieste economiche. Solo alcune città garantirono in Italia la tenuta del tessuto socioeconomico "nella maggior parte dell'Impero d'Occidente, attorno alle villae dei pochi ricchi si stringevano non solo i dipendenti, ma anche i liberi coltivato riuniti nei loro vici costituendo delle vere unità sociali, dotate di fatto se non di diritto di una larga autonomia, che tende in molti casi ad avere anche un contenuto economico per il sorgere presso la villa di opifici industriali con mano d'opera servile, e con l'intensificarsi di scambi di opere, di servizi, di merci entro il territorio compreso nelle grandi proprietà" Gino Luzzato Breve storia economica dell'Italia Medievale, PBE,  Einaudi, Torino, 1965.


Fig 2: Coltivazione tipica di un manor medievale.
Pianta di un villaggio circondato da campi aperti:le lettere
dalla a alla h indicano gli abitanti che possiedono una
striscia di terreno in ogni campo. Le lettere E,I,M, indicano
rispettivamente il raccolto estivo, quello invernale e il
maggese. R.S. Lopez, Op. cit
In Italia fu la sopravvivenza e la relativa floridezza di Roma, Milano, Ravenna e di una rete di centri urbani minori ad impedire che si raggiungesse quel grado di disintegrazione sociale, per cui altrove da una economia di mercato, si era passati alla formazione di piccoli gruppi autarchici.
Il sistema diffuso delle villae, come unità economiche autosufficienti, non può essere documentata, come si è potuto fare per la Gallia e per la Britannia.
Se non si può escludere che qualche esempio ve ne sia stato, esso non ha costituito la regola, perché la sopravvivenza di moltissime città, nonostante la grave decadenza della maggior parte di esse, ha impedito che, anche nei secoli più oscuri del Basso Impero, venisse meno l'economia di scambio che
trovava il suo centro appunto nelle città.
Quali conseguenze ebbero sull'assetto sociale e istituzionale in Italia i primi 150 anni di invasioni barbariche? Difficile dirlo con certezza, probabilmente nessuna


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